Cosa è il “principio di trasparenza”?
E’ principio generale del nostro ordinamento giuridico inerente l’attività amministrativa. Di esso è garantita la effettività con la previsione di determinati strumenti messi a disposizione di ciascun cittadino, singolo o associato. La garanzia di trasparenza opera sia, naturalmente, mediante la previsione dell’obbligo di pubblicazione di determinati atti e documenti (che sono la maggior parte), sia fornendo lo strumento del c.d. diritto di accesso, previsto proprio per i casi in cui non sussiste l’obbligo di pubblicazione.
Con la entrata in vigore del c.d. FOIA (dall’istituto del “Freedom of Information Act”, creato negli anni ’70 negli Stati Uniti), ad opera della modifica effettuata da Dlgs97/2016 sul Dlgs33/2016, è stato introdotto il c.d. “accesso civico generalizzato”, esercitabile verso dati e documenti ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione obbligatoria.
Resta comunque in vigore l’intera disciplina del diritto di accesso ex artt.22 e seguenti della L241/90, ora definito accesso “documentale” per distinguerlo dall’accesso “civico” e “civico generalizzato”, di cui rispettivamente al comma 1 e comma 2 art.5 LDgs33/2013 come modificato dal Dlgs97/2016. LA differenza tra accesso “documentale” e accesso “civico generalizzato” non è di facile individuazione. Può dirsi in via del tutto indicativa che una distinzione possa essere effettuata in base alla natura dei documenti oggetto della domanda, e in riferimento alle finalità perseguite dal richiedente, singolo o associato.
AVVERTENZA: qualora nella risposta alle seguenti FAQ non si effettui distinzione tra tipologie di accesso, resta inteso che la risposta medesima si riferisce a tutte le tipologie di accesso.
Cosa si intende per “documento amministrativo”?
La definizione è a tutt’oggi fornita dalla lett. d) comma 1 art. 22 della legge n.241/1990, per la quale è documento amministrativo “ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”.
Perché un documento possa essere definito “amministrativo”, occorrono tutte e due le condizioni previste dalla norma sopra descritta, ossia:
-che il documento sia in possesso di una pubblica amministrazione, di aziende autonome e speciali, di enti pubblici e gestori di pubblico servizio (es. energia, fornitura idrica, comunicazioni ecc.), in forza della estensione operata dall’art. 23 della legge citata;
-che sia relativo ad attività di pubblico interesse, “indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”: ciò significa che, se relativo ad attività di pubblico interesse e in possesso di una PA, può esser considerato documento amministrativo anche un contratto, e comunque un qualsiasi atto di diritto privato.
Inoltre la nozione di documento amministrativo comprende un qualsiasi atto, anche interno (es, comunicazione tra uffici), e non inserito in uno specifico procedimento.
Posso accedere solo ai documenti amministrativi, o anche ai dati e informazioni in possesso della PA?
L’istituto dell’accesso “civico generalizzato” ha per oggetto non solo documenti amministrativi, ma anche dati e informazioni, purchè già in possesso della PA (nel senso che essa non è tenuta a raccogliere informazioni non in suo possesso per rispondere alla istanza), così come essi sono già detenuti, organizzati, gestiti e fruiti.
Per esaminare un documento amministrativo, è sempre necessario esercitare il diritto di accesso?
No, per determinati documenti amministrativi a contenuto generale, ad esempio i regolamenti comunali, è previsto l’obbligo di pubblicazione, ad oggi, sul sito web dell’ente.
Cosa è l’”accesso civico”? Chi può farlo valere? Come si esercita?
E’ il diritto di chiunque di richiedere i documenti amministrativi, informazioni o dati, che la Pubblica Amministrazione deve per legge pubblicare, qualora non abbia ottemperato a tale obbligo. Si esercita facendone richiesta alla amministrazione, la quale entro trenta giorni deve pubblicare il documento, la informazione o il dato. Contemporaneamente la PA deve comunicare al richiedente dove può reperire l’oggetto della sua domanda, indicandogli il collegamento ipertestuale.
Cosa è l’”accesso civico generalizzato”? Chi può farlo valere? Come si esercita?
La domanda di accesso civico generalizzato può essere presentata da chiunque, e riguarda documenti amministrativi, informazioni o dati in possesso della PA ulteriori rispetto a quelli per i quali è previsto l’obbligo di pubblicazione. Non occorre possedere, né dimostrare, una specifica legittimazione soggettiva, ossia una motivazione ad accedere. L’accesso civico generalizzato è infatti stato istituito “allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico…” (v. comma 2 art.5 Dlgs33/2013 testo vigente) e “nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall'articolo 5-bis”, il quale individua le esclusioni e i limiti (a tutela di interessi pubblici e privati) del nuovo istituto. Si esercita facendone richiesta alla amministrazione, la quale deve comunicare la domanda agli eventuali controinteressati, che hanno 10 giorni per fare eventuale opposizione. La PA ha 30 giorni per rispondere alla domanda di accesso, termine che resta sospeso in caso di comunicazione al controinteressato.
Cosa è il “diritto di accesso documentale”? Chi può farlo valere? Come si esercita?
Il diritto di accesso documentale (così definito per distinguerlo dall’accesso civico generalizzato) è un vero e proprio diritto soggettivo che, in presenza di determinati requisiti, il soggetto acquisisce, e che dà facoltà di prendere visione ed estrarre copia dei documenti amministrativi, ex artt.22 e seguenti della L241/90. Esso è esercitabile da soggetto singolo o associato che sia titolare di situazione giuridicamente tutelata e collegata alla documentazione oggetto della domanda di accesso. Si esercita facendone richiesta alla amministrazione, la quale deve comunicare la domanda agli eventuali controinteressati, che hanno 10 giorni per fare eventuale opposizione. La PA ha 30 giorni per rispondere alla domanda di accesso, termine che resta sospeso in caso di comunicazione al controinteressato.
Che differenza c’è tra “accesso civico generalizzato” e “diritto di accesso alla documentazione amministrativa”?
L’accesso civico generalizzato è esercitabile da chiunque, senza che ci sia necessità di motivare la domanda, e ne possono essere oggetto non solo i documenti, ma anche le informazioni e dati in possesso della PA. Oggetto del diritto di accesso documentale sono solo i documenti amministrativi. Il diritto di accesso alla documentazione amministrativa è esercitabile da soggetto che abbia un interesse diretto, concreto e attuale alla tutela di situazioni giuridicamente rilevante al medesimo ascrivibile. Può esercitarlo, quindi, colui nei cui confronti il provvedimento o l'atto amministrativo produce effetti, anche indiretti ed eventuali, che però siano in qualche modo significativi da un punto di vista giuridico.
Non è semplice determinare i diversi ambiti di applicazione dell’uno o dell’altro istituto. Le Linee Guida ANAC di cui alla delibera n.1309/2016 ci forniscono un qualche aiuto, stabilendo in sintesi che “tenere ben distinte le due fattispecie è essenziale per calibrare i diversi interessi in gioco allorché si renda necessario un bilanciamento caso per caso tra tali interessi. Tale bilanciamento è, infatti, ben diverso nel caso dell’accesso 241 dove la tutela può consentire un accesso più in profondità a dati pertinenti e nel caso dell’accesso generalizzato, dove le esigenze di controllo diffuso del cittadino devono consentire un accesso meno in profondità (se del caso, in relazione all’operatività dei limiti) ma più esteso, avendo presente che l’accesso in questo caso comporta, di fatto, una larga conoscibilità (e diffusione) di dati, documenti e informazioni”. Poiché l’ordinamento è “ormai decisamente improntato ad una netta preferenza per la trasparenza dell’attività amministrativa, la conoscibilità generalizzata degli atti diviene la regola, temperata solo dalla previsione di eccezioni poste a tutela di interessi (pubblici e privati) che possono essere lesi/pregiudicati dalla rivelazione di certe informazioni. Vi saranno dunque ipotesi residuali in cui sarà possibile, ove titolari di una situazione giuridica qualificata, accedere ad atti e documenti per i quali è invece negato l’accesso generalizzato”. Accanto a tale criterio di distinzione, recente giurisprudenza ha specificato che, per quanto nell’accesso generalizzato la legge non richieda l'esplicitazione della motivazione della richiesta di accesso, deve intendersi implicita la rispondenza della stessa al soddisfacimento di un interesse che presenti una valenza pubblica, e non resti confinato ad un bisogno conoscitivo esclusivamente privato, individuale, egoistico o peggio emulativo che, lungi dal favorire la consapevole partecipazione del cittadino al dibattito pubblico, rischierebbe di compromettere le stesse istanze alla base dell'introduzione dell'istituto facendone un mero duplicato dell’accesso documentale.
Quale deve essere l’oggetto del diritto di accesso?
Sia la richiesta di accesso generalizzato, che di accesso documentale, devono identificare i documenti e i dati richiesti. Ciò significa che la richiesta indica i documenti o i dati richiesti, ovvero che la richiesta consente all’amministrazione di identificare agevolmente i documenti o i dati richiesti. Devono essere ritenute inammissibili le richieste formulate in modo così vago da non permettere all’amministrazione di identificare i documenti o le informazioni richieste. In questi casi, l’amministrazione destinataria della domanda dovrebbe chiedere di precisare l’oggetto della richiesta.
L’accesso “civico generalizzato” ha per oggetto non solo documenti amministrativi, ma anche dati e informazioni, purchè già in possesso della PA (nel senso che essa non è tenuta a raccogliere informazioni non in suo possesso per rispondere alla istanza), così come essi sono già detenuti, organizzati, gestiti e fruiti.
Oggetto del diritto di accesso “documentale” sono i documenti esistenti presso una PA al momento della domanda, sia nel caso che siano stati formati dalla PA medesima, sia che questa li detenga stabilmente. Non possono formare oggetto della richiesta le informazioni che non abbiano forma di documento, né si può chiedere alla PA di redigere atti apposta per soddisfare le istanze di accesso.
E’ possibile accedere a tutti i documenti, dati e informazioni?
Il principio generale è la accessibilità dei dati e documenti. Le esclusioni e i limiti sono tassativi, e solo descritti per l’accesso civico generalizzato (a tutela di interessi pubblici e privati) nell’art.5bis Dlgs33/2013.
Per l’accesso documentale, non è possibile accedere ai documenti che rientrano in una delle categorie elencate dall'art. 24 della legge n.241/90 (e successive modifiche ei integrazioni), categorie che le singole Amministrazioni individuano con appositi regolamenti. Tali regolamenti non debbono porre limitazioni ulteriori rispetto alla legge.
Il diritto di accesso può doversi “scontrare” col diritto alla riservatezza di eventuali controinteressati. In tali casi, la legge prevede una procedura di tutela di questi ultimi. A decidere quale delle due posizioni contrapposte debba prevalere nel caso concreto, è sempre e solo la PA procedente.
In ogni modo, anche nei casi di c.d. ”esclusione” dell’accesso, qualora il richiedente dimostri adeguatamente la necessità del documento per la tutela della propria sfera giuridica, la PA deve consentire l’accesso.
Come deve essere formulata la domanda di accesso?
La domanda di accesso deve contenere la indicazione delle generalità del richiedente e i suoi recapiti, una sommaria indicazione della motivazione della richiesta, e del documento che ne è oggetto, o di elementi che ne consentano la individuazione (v. FAQ “Quale deve essere l’oggetto del diritto di accesso?”).
La domanda può essere formulata anche oralmente (accesso informale), e soddisfatta immediatamente.
Tuttavia, qualora la PA rilevi una necessità di effettuare una ricerca del documento, o abbia dubbi sulla sussistenza dell’interesse, o rilevi la presenza di controinteressati, deve far redigere all’interessato domanda di accesso formale, anche tramite apposito modulo prestampato.
Qual è l’ambito soggettivo di applicazione del diritto di accesso?
Il diritto di accesso generalizzato si applica:
1) a tutte le amministrazioni pubbliche, come esemplificate all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, ivi comprese le autorità portuali, nonché le autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione
2) agli enti pubblici economici e ordini professionali;
3) alle società in controllo pubblico come definite dal decreto legislativo emanato in attuazione dell’art. 18 della legge 7 agosto 2015, n. 124 (d.lgs. 175/2016 c.d. Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica);
4) alle associazioni, fondazioni e enti di diritto privato comunque denominati, anche privi di personalità giuridica, con bilancio superiore a cinquecentomila euro, la cui attività sia finanziata in modo maggioritario per almeno due esercizi finanziari consecutivi nell’ultimo triennio da pubbliche amministrazioni e in cui la totalità dei titolari o dei componenti dell’organo d’amministrazione o di indirizzo sia designata da pubbliche amministrazioni;
Il diritto di accesso generalizzato si applica, limitatamente ai dati e ai documenti inerenti all'attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell'Unione europea, anche:
1) alle società in sola partecipazione pubblica come definite dal decreto legislativo emanato in attuazione dell’art. 18 della legge 7 agosto 2015, n. 124 (d.lgs. 175/2016 c.d. Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica);
2) alle associazioni, alle fondazioni e agli enti di diritto privato, anche privi di personalità giuridica, con bilancio superiore a cinquecentomila euro, che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici.
Il diritto di accesso documentale si applica a tutte le PPAA e ai gestori di servizi pubblici.
A quale ufficio va presentata domanda di accesso?
La richiesta di accesso può essere presentata, alternativamente:
1) all'ufficio che detiene i dati, le informazioni o i documenti;
2) all'Ufficio relazioni con il pubblico;
3) ad altro ufficio, che l'amministrazione abbia indicato nella sezione "Amministrazione trasparente" – “Altri contenuti –Accesso civico” del sito istituzionale.
Come si esercita in pratica il diritto di accesso?
Il richiedente può visionare ed estrarre copia dei documenti. L'esame degli atti è gratuito, mentre il rilascio di copia degli stessi è subordinato al rimborso dei costi di riproduzione. Agli enti locali è lasciata facoltà di determinare degli eventuali diritti di ricerca e visura.
Entro quanto tempo la PA deve rispondere alla domanda di accesso?
Se non diversamente stabilito dalla legge, o determinato espressamente dalla PA in questione, il procedimento deve concludersi nel termine di trenta giorni a decorrere dalla data di presentazione della richiesta. Trascorso detto termine senza risposta, la richiesta si intende rifiutata. Entro detto termine, la PA può concedere l’accesso, o pronunciare un diniego espresso.
Cosa si può fare se l’Amministrazione ha comunicato il diniego, o non ha risposto entro il termine?
Accesso civico/civico generalizzato: in caso di diniego totale o parziale dell’accesso o di mancata risposta entro il termine indicato dal comma 6 del d. lgs. n. 33/2013, il richiedente può presentare richiesta di riesame al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, che decide con provvedimento motivato, entro il termine di venti giorni.
In alternativa, laddove si tratti di atti delle amministrazioni delle regioni o degli enti locali, il richiedente può presentare ricorso al difensore civico competente per ambito territoriale (qualora tale organo non sia stato istituito, la competenza è attribuita al difensore civico competente, per l’ambito territoriale immediatamente superiore, se presente). In tal caso, il ricorso deve comunque essere notificato anche all’amministrazione interessata. È previsto che il difensore civico si pronunci entro trenta giorni dalla presentazione del ricorso e che se il difensore civico ritiene illegittimo il diniego o il differimento, ne debba informare il richiedente e comunicarlo all’amministrazione competente. Se questa non conferma il diniego o il differimento entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione del difensore civico, l’accesso è consentito.
In ogni caso, a fronte del rifiuto espresso, del differimento o dell’inerzia dell’amministrazione, il richiedente può attivare la tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo, ai sensi dell'articolo 116 del Codice del processo amministrativo.
Accesso documentale: entro trenta giorni dalla comunicazione del diniego, o dallo spirare del termine entro il quale la PA avrebbe dovuto rispondere, si può fare ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale. In alternativa, si può presentare istanza di riesame alla Commissione per l’Accesso ai Documenti Amministrativi o al Difensore civico, a seconda della competenza. In questi casi, il termine per ricorrere al TAR si sospende, e ridecorre dalla comunicazione dell’esito della istanza effettuata alla Commissione o al Difensore civico. In tal modo, la legge consente a chi ha scelto la via alternativa di poter ancora effettuare il ricorso al TAR in caso di reiterata mancata soddisfazione del diritto di accesso. Viceversa, se si sceglie subito la via giurisdizionale, non si può poi ricorrere agli organismi citati.
Quando si deve ricorrere alla Commissione per l’Accesso ai Documenti Amministrativi presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri?
SOLO in caso di accesso documentale, quando il provvedimento, espresso o tacito (silenzio-rifiuto) che limita l’accesso è emesso da una autorità amministrativa statale, centrale o periferica.
Nei casi in cui è previsto, come si capisce a quale Difensore civico ci si deve rivolgere?
Ci si deve rivolgere al Difensore civico istituito presso l’ente che ha emesso il provvedimento limitativo dell’accesso. Qualora tale ente sia sprovvisto dell’organo, ci si deve rivolgere al Difensore civico istituito nell’ambito territoriale immediatamente superiore. Così, se ad esempio il provvedimento lamentato è stato emesso da un Comune in cui non c’è Difesa civica, la richiesta di riesame va presentata al Difensore civico provinciale o comprensoriale. Se neanche in Provincia esiste Difesa civica operante, il ricorso va fatto al Difensore civico regionale.
In caso di accesso documentale, quale contenuto deve avere il ricorso alla Commissione per l’Accesso, e in che modo lo si deve trasmettere?
Il ricorso alla Commissione deve contenere le generalità del richiedente, la elezione di domicilio, la sommaria esposizione dei fatti, e a esso deve essere allegata copia del provvedimento di diniego, o della domanda di accesso nel caso di silenzio-rifiuto. Inoltre, deve contenere la prova della avvenuta notifica del ricorso medesimo ad almeno uno dei controinteressati. Il ricorso deve essere trasmesso tramite racc. a.r. o PEC.
Quale contenuto deve avere il ricorso al Difensore civico? Esistono particolari formalità per la sua redazione e trasmissione?
Il ricorso alla Difesa civica non è legato a particolari formalità, né sono previste speciali modalità per la sua trasmissione. La richiesta di riesame del provvedimento limitativo dell’accesso può essere effettuata anche oralmente, a condizione che, ai fini istruttori, si faccia avere all’ufficio una copia del provvedimento di diniego, o della domanda di accesso nel caso di silenzio-rifiuto.
Per attivare il procedimento di riesame alla Commissione per l’Accesso o al Difensore civico, devo avvalermi della assistenza di un avvocato?
No, il ricorso può ben essere fatto dagli interessati personalmente e, almeno per quanto riguarda la Difesa civica, addirittura oralmente, rendendosi disponibili alla integrazione documentale al fine di una migliore istruzione della pratica.
Sono un Consigliere comunale. Posso rivolgermi al Difensore civico per far valere il mio diritto di accesso agli atti e alle informazioni in possesso dell’Ente al quale appartengo?
Qualora un consigliere comunale (o provinciale, dice attualmente il TUEELL, ma la norma andrà modificata in forza della creazione della Città Metropolitana) incontri difficoltà nel far valere il proprio diritto di accesso agli atti e alle informazioni in possesso dell’amministrazione di appartenenza, può senz’altro avvalersi della assistenza della difesa civica di riferimento, ossia la difesa civica locale se presente, o la difesa civica regionale in caso l’ente sia sprovvisto del servizio.
Com’è noto, il diritto di accesso dei Consiglieri comunali/provinciali descritto dall’art. 43 comma 2 del TUEELL: “I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all' espletamento del proprio mandato…”, è interpretato dalla giurisprudenza ormai unanime come qualitativamente diverso rispetto al diritto di accesso dei comuni cittadini singoli o associati descritto dagli artt..22 e seguenti della L241/90 (e successive modifiche e integrazioni). Infatti il diritto di accesso dei consiglieri è riconosciuto pressochè senza limiti, poiché correlato all’ottenimento di strumenti indispensabili all’esercizio del mandato, ed è pertanto stato esteso anche al fine dell’esercizio di quel “controllo generalizzato” sull’attività amministrativa che, invece, non può essere il fine del diritto di accesso dei cittadini. Altra caratteristica che differenzia il diritto di accesso dei consiglieri da quello dei comuni cittadini, è che il primo è esteso espressamente dalla legge alle informazioni, mentre per i secondi il comma 4 art. 22 L241/90 dispone che “Non sono accessibili le informazioni in possesso di una pubblica amministrazione che non abbiano forma di documento amministrativo”.
Sono un Consigliere comunale. Posso rivolgermi al Difensore civico in caso di mancata risposta alle mie interrogazioni?
“Il sindaco o il presidente della provincia o gli assessori da essi delegati rispondono, entro 30 giorni, alle interrogazioni e ad ogni altra istanza di sindacato ispettivo presentata dai consiglieri”, dice il comma 3 art.43 del TUEELL. In caso di mancata risposta nel termine di legge, il Difensore civico può intervenire.
Sono un Consigliere regionale. In che termini posso esercitare il diritto di accesso nei confronti della Regione?
Le prerogative dei Consiglieri sono descritte all’art.9 dello Statuto, che prevede il più ampio diritto di accesso agli atti, non solo nei confronti degli uffici regionali ed enti e aziende dipendenti, ma anche nei confronti di altri enti pubblici nonchè privati, per ottenere informazioni utili all’espletamento del mandato.
Sono un cittadino, singolo o associato. Esiste una disciplina specifica per esercitare l’accesso agli atti nei confronti del Consiglio regionale?
Con la Delibera n.84 del 25 novembre 2011, l’Ufficio di Presidenza ha varato un Disciplinare – parte integrante della delibera medesima – che regola il diritto di accesso agli atti del Consiglio regionale. Da notare che, in difformità della disciplina nazionale, il diritto si può esercitare anche agli atti inerenti al provvedimento legislativo e di approvazione degli atti di programmazione (art. 2 comma 3 del Disciplinare).
I cittadini stranieri possono chiedere la assistenza e la consulenza della Difesa civica?
Dal 1992 la normativa regionale (sia la precedente che il testo unico attualmente in vigore) consente ai cittadini stranieri dimoranti in Toscana di ricevere la assistenza e consulenza del Difensore civico regionale.
Per quali problemi i cittadini stranieri possono rivolgersi alla Difesa civica?
Gli stranieri possono avvalersi della difesa civica per ogni tipo di questione di cui sia parte una pubblica amministrazione (residenza, assistenza sanitaria e sociale, diritto alla casa, diritto allo studio ecc.), alla stessa stregua dei cittadini italiani. Inoltre, possono avvalersi della attività dell’ufficio per assistenza in problematiche inerenti più particolarmente al proprio status di straniero/persona immigrata, ossia correlate alla titolarità del titolo di soggiorno, al ricongiungimento familiare, all’acquisto o accertamento del possesso della cittadinanza italiana, o alle difficoltà riscontrate presso le Ambasciate per prendere appuntamento e/o ottenere il visto d’ingresso, o per la legalizzazione di documenti.
Ho intrapreso il procedimento per la concessione della cittadinanza italiana e non ho più ricevuto alcuna comunicazione.
Posso rivolgermi al Difensore civico?
La nuova normativa ha portato a 48 mesi il termine per il procedimento di concessione della cittadinanza italiana, a far tempo dalla data di presentazione della domanda. Solo a termine scaduto si può effettuare un sollecito. E’ previsto che detta modifica si applichi a partire dai procedimenti in corso alla entrata in vigore del DL113/2018, ossia al 5 ottobre 2018.
Il Difensore civico potrà valutare con l’interessato se nel caso concreto sussistono gli estremi per consigliargli di agire in giudizio (entro un anno dalla scadenza del termine) per ottenere una sentenza che gli consenta di acquistare la cittadinanza, oppure sia preferibile effettuare un sollecito, eventualmente con contestuale trasmissione di documenti utili (es. dichiarazione dei redditi degli ultimi anni valida ai fini fiscali).
La durata del procedimento era prevista in 730 giorni. La ratio del raddoppio del termine è presumibilmente da attribuire alla circostanza che i procedimento duravano di fatto il doppio, quando non i triplo, del termine previsto. Tale criticità, come illustratoci dal Ministero dell’Interno, è dovuta alla moltitudine di domande (provenienti da tutta Italia), alla scarsità delle risorse umane preposte e alla complessità del procedimento. Ci possono poi essere dei casi in cui la istruttoria è particolarmente difficile da effettuare, per problematiche relative alla acquisizione delle informazioni dal Paese di origine del richiedente.
Sono un cittadino straniero residente in Italia e ho maturato i requisiti per l’ottenimento della cittadinanza. Che devo fare?
L’ottenimento della cittadinanza non è mai automatico ed avviene sempre su domanda e relativa istruttoria dell’organo competente. E’ noto infatti che il principio sul quale si fonda la disciplina in materia di cittadinanza è a tutt’oggi lo ius sanguinis.
A seconda della fattispecie (matrimonio, residenza, raggiungimento della maggiore età del figlio degli stranieri nati in Italia) in base alla quale la cittadinanza è richiesta, si individuano i requisiti previsti dalla legge che occorre possedere . Dal 18 maggio 2015 è iniziato il nuovo servizio - messo a punto dal dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione-direzione centrale per i Diritti civili, la Cittadinanza e le Minoranze del Ministero dell’Interno - per l’invio telematico della domanda di conferimento della cittadinanza italiana. I vantaggi dell’acquisizione on line consisteranno nello snellimento della fase di inserimento nel sistema informatico 'Sicitt' e nella scomparsa di modelli cartacei, oltre ad eliminare le attese, anche di mesi, di un appuntamento presso le Prefetture per l’inoltro della domanda. Il richiedente deve compilare la domanda utilizzando le credenziali d’accesso ricevute a seguito di registrazione sul portale dedicato, e la deve trasmettere in formato elettronico, unitamente ad un documento di riconoscimento, agli atti formati dalle autorità del Paese di origine (atto di nascita e certificato penale) e alla ricevuta dell’avvenuto pagamento del contributo, ad oggi, di euro 250,00 previsto dalla legge n. 94/2009 come modificata dal DL113/2018. Dal 18 giugno 2015 le domande vengono acquisite esclusivamente con tale modalità. I nati in Italia da famiglia residente, entro un anno dal compimento della maggior età, hanno facoltà di dichiarare all’Ufficiale di Stato Civile del Comune di residenza la propria volontà di acquistare la cittadinanza.
Ho ricevuto dal Ministero dell’Interno una comunicazione che mi avverte che la mia domanda di cittadinanza sarà respinta per i motivi ivi descritti, se entro 10 giorni non trasmetterò delle osservazioni scritte ed eventualmente documentate. Posso chiedere al Difensore civico di aiutarmi?
Sì. Questo è un tipico caso di tutela non giurisdizionale che rientra a pieno titolo nelle funzioni istituzionali della difesa civica. La comunicazione che hai ricevuto si chiama “preavviso di rigetto”, o comunicazione di esito sfavorevole dell’istanza, e deve essere per legge comunicato dalla PA ogni qualvolta ritenga di dover respingere una istanza per determinati motivi, dando all’interessato la possibilità di far valere le proprie ragioni, che devono essere svolte per iscritto entro 10 giorni, ed eventualmente corredate da documentazione che le avvalori. Non è previsto che la PA risponda alle osservazioni, ma deve tenerne conto nel provvedimento finale.
Cosa è l’invalidità civile?
L’invalidità si può definire come la difficoltà a svolgere le funzioni tipiche della vita quotidiana o di relazione a causa di una menomazione o di un deficit fisico, psichico o intellettivo, della vista o dell’udito.
Per la legge italiana, si considerano mutilati e invalidi civili i cittadini affetti da minorazioni congenite o acquisite, anche a carattere progressivo (compresi gli irregolari psichici per arresto congenito o precoce dello sviluppo dell’intelligenza o per insufficienze mentali derivanti da difetti sensoriali e funzionali), che abbiano subito una riduzione permanente della capacità lavorativa non inferiore ad un terzo o, se minori di anni 18, che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età.
L’invalidità si definisce civile quando non deriva da cause di servizio, di guerra o di lavoro e viene espressa in percentuale (ad esempio “invalido civile al 50%”).
Ai soli fini dell’assistenza sociosanitaria e della concessione dell’indennità di accompagnamento, si considerano mutilati e invalidi civili i soggetti ultrasessantacinquenni che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età.
Chi può presentare domanda per il riconoscimento della invalidità civile?
Le persone invalide possono ottenere alcuni benefici a condizione che abbiano ottenuto il riconoscimento della loro invalidità.
La richiesta di riconoscimento di invalidità può essere presentata:
dall’interessato che si ritiene invalido; da chi rappresenta legalmente l’invalido (genitore, o tutore nel caso degli interdetti);
da chi cura gli interessi dell’invalido (il curatore nel caso degli inabili).
A chi si presenta la domanda per il riconoscimento della invalidità civile?
La richiesta di riconoscimento di invalidità va presentata all’INPS territorialmente competente. Dal 1° gennaio 2010 la presentazione della domanda avviene in modo informatizzato ed è necessario coinvolgere, in prima battuta, il medico curante.
Chi riconosce l’invalidità civile?
L’invalidità civile è riconosciuta dall’ASL che decide in materia attraverso una specifica Commissione. La Commissione è composta da un medico specialista in medicina legale che assume le funzioni di presidente e da due medici di cui uno scelto prioritariamente tra gli specialisti in medicina del lavoro. Dal 1° gennaio 2010, la Commissione è integrata da un medico INPS quale componente effettivo.
Alla Commissione partecipa un sanitario in rappresentanza dell’Associazione nazionale dei mutilati ed invalidi civili (ANMIC).
Come si presenta la domanda?
La presentazione della domanda per il riconoscimento della invalidità civile si articola in due fasi:
? ottenere il rilascio del certificato introduttivo dal medico curante;
? presentare la domanda vera e propria all’INPS.
Il medico curante, che diviene quindi il medico certificatore, deve attestare la natura delle infermità invalidanti compilando appositi modelli di certificazione predisposti dall’INPS. In questi modelli sono riportati: i dati anagrafici del richiedente e le patologie invalidanti da cui il soggetto è affetto. Deve anche indicare la sussistenza eventuale di una patologia oncologica. I medici devono essere “accreditati” presso il sistema richiedendo un PIN poiché il certificato va compilato al computer ed inviato telematicamente.
Una volta compilato il certificato, il sistema informatizzato genera un codice univoco che il medico consegna all’interessato. Il medico deve anche stampare e consegnare il certificato introduttivo firmato in originale, che la persona dovrà poi esibire al momento della visita. Quando la persona farà la domanda all’INPS, dovrà indicare il numero di certificato contenuto nella ricevuta, in modo che il sistema possa abbinare i due documenti.
Il certificato introduttivo ha validità 30 giorni per cui, se non si presenta domanda all’INPS entro tale termine, il certificato scade e bisogna richiederlo nuovamente al medico.
Il secondo passaggio è, dunque, la presentazione della domanda vera e propria all’INPS. Anche questa domanda deve avvenire in via telematica a cura della persona che richiede il riconoscimento dell’invalidità. Può essere fatta autonomamente se la persona dispone del codice PIN (un codice numerico personalizzato che consente di accedere al servizio), oppure attraverso gli enti abilitati quali associazioni di categoria, patronati sindacali, CAAF ecc.
Nella domanda il richiedente deve indicare i dati personali e anagrafici, il tipo di riconoscimento richiesto (handicap, invalidità, disabilità), le informazioni relative alla residenza e all’eventuale stato di ricovero. Il richiedente può indicare nella domanda il suo indirizzo e-mail per ricevere le informazioni che riguardano la sua pratica (se la casella di posta elettronica fosse certificata, questa potrebbe essere utilizzata anche per le comunicazioni ufficiali eliminando il cartaceo). Ad ogni modo, grazie al codice PIN, le fasi di avanzamento possono essere consultate anche online nel sito dell’INPS.
Il sistema, in questa fase, abbina il certificato rilasciato dal medico (già presente nel sistema) alla domanda che la persona sta presentando.
Quando e come si fa la visita all’ASL?
Al termine della compilazione della domanda, la procedura informatica propone la data della visite e indica eventuali altre date disponibili per l’accertamento presso la Commissione ASL. Il richiedente può scegliere la data di visita o indicarne una diversa da quella proposta, scegliendola tra le ulteriori date indicate dal sistema. La visita deve essere effettuata entro 30 giorni dalla data di presentazione della domanda o, in caso di patologia oncologica, entro 15 giorni.
Qualora non fosse possibile fissare la visita entro i suddetti limiti, la procedura può segnalare date successive al limite previsto, oppure registrare la domanda e definire in seguito la prenotazione della visita.
La data di convocazione a visita viene comunicata con lettera raccomandata con avviso di ricevimento, all’indirizzo e alla e-mail comunicata ed è visibile sul sito internet dell’INPS. In questa lettera sono riportati i riferimenti della prenotazione (data, orario, luogo di visita), la documentazione da portare all’atto della visita (documento di identità, certificato firmato dal medico certificatore, altra documentazione sanitaria, ecc.).
In caso di impedimento, la persona può chiedere una nuova data di visita collegandosi al sito dell’Inps e accedendo al Servizio online con il proprio codice di identificazione personale (PIN).
Se il richiedente non si presenta alla visita, verrà riconvocato in seguito. Se, invece, non si presenta per due volte, sarà considerato rinunciatario e la sua domanda perderà efficacia.
Come si richiede la visita domiciliare?
Può accadere che il richiedente non sia nelle condizioni di presentarsi all’ASL per sottoporsi alla visita della Commissione. Questo si verifica tutte le volte in cui il trasporto comporta un grave rischio per l’incolumità e la salute della persona. In questi casi è possibile richiedere la visita domiciliare. Il certificato medico di richiesta della visita domiciliare deve essere inoltrato almeno 5 giorni prima della data già fissata per la visita presso l’ASL. Sarà il Presidente della Commissione ASL a valutare il merito della certificazione e a disporre o meno la visita domiciliare. In caso di accoglimento, il richiedente viene informato della data e dell’ora stabilita per la visita domiciliare, altrimenti viene indicata una nuova data di invito a visita.
Cosa è la visita di accertamento e il verbale?
La visita avviene presso la Commissione ASL competente che, dal 1° gennaio 2010, è integrata con un medico dell’INPS. La Commissione accede al fascicolo elettronico contenente la domanda e il certificato medico. Il richiedente può farsi assistere, durante la visita, da un suo medico di fiducia.
Al termine della visita, viene redatto il verbale elettronico, riportando l’esito e l’eventuale indicazione di particolari patologie che comportano l’esclusione delle visite di revisione successive.
Se al termine della visita il verbale viene approvato all’unanimità, questo viene validato dal Responsabile del Centro Medico Legale dell’INPS e viene considerato definitivo. Se il verbale dà diritto a prestazioni economiche, viene attivata la procedura amministrativa per il pagamento delle stesse.
Se, invece, non c’è unanimità, l’INPS sospende l’invio del verbale e acquisisce gli atti che vengono esaminati dal Responsabile del Centro Medico Legale dell’INPS. Quest’ultimo può validare il verbale entro 10 giorni oppure procedere ad una nuova visita da fissare entro 20 giorni.
La Commissione medica può avvalersi della consulenza di un medico specialista della patologia oggetto di valutazione.
Il verbale definitivo viene inviato alla persona dall’INPS. Oltre al verbale completo e contenente tutti i dati, viene inviato al richiedente anche un verbale contenente solo il giudizio finale per gli usi amministrativi (ad esempio la presentazione al datore di lavoro per la concessione delle agevolazioni lavorative).
Se il giudizio finale prevede l’erogazione di prestazioni economiche, il richiedente è tenuto a comunicare determinate informazioni quali il reddito personale, le coordinate bancarie ecc., anche queste da inserire online.
Cosa sì intende per stato di invalidità?
Lo stato di invalidità del soggetto può migliorare o peggiorare nel tempo. Nel primo caso si dice che l’invalidità civile è soggetta a revisione; ciò significa che l’interessato dovrà sottoporsi a visita di revisione alla scadenza del termine indicato nel verbale. Nel secondo caso il richiedente può presentare domanda per ottenere il cosiddetto “aggravamento” seguendo lo stesso iter fin qui descritto.
Come si può fare ricorso contro il verbale?
Contro il verbale della Commissione ASL che riconosce o meno l’invalidità civile, la persona può presentare ricorso. La procedura del ricorso è cambiata recentemente e, dal 2012, chiunque voglia fare ricorso avverso un verbale di invalidità deve obbligatoriamente effettuare un accertamento tecnico preventivo prima di dare avvio alla causa giudiziaria vera e propria.
In sostanza il ricorrente deve recarsi presso il Tribunale di competenza (quello di propria residenza) e presentare l’istanza di accertamento tecnico per la verifica preventiva delle condizioni sanitarie che legittimano la pretesa fatta valere. Se questo accertamento preventivo non viene effettuato, non si può arrivare davanti al giudice.
L’accertamento medico è compiuto da un consulente tecnico nominato dal giudice alla presenza di un medico legale dell’INPS. La relazione tecnica redatta dal consulente deve essere trasmessa alle parti (cioè all’INPS e al ricorrente). A quel punto, il Giudice, con decreto comunicato alle parti, fissa un termine non superiore a trenta giorni, entro il quale le medesime devono dichiarare, con atto scritto depositato in cancelleria, se intendono contestare le conclusioni del consulente tecnico dell’ufficio.
In assenza di contestazione, il Giudice, entro trenta giorni, omologa con decreto l’accertamento del requisito sanitario presentato nella relazione del consulente. Il decreto è inappellabile, cioè non si possono più presentare ricorsi.
Al contrario, nei casi di mancato accordo, la parte che abbia dichiarato di contestare le conclusioni del consulente tecnico dell’ufficio deve depositare, presso lo stesso Giudice, entro il termine perentorio di trenta giorni dalla dichiarazione di dissenso, il ricorso introduttivo del giudizio, specificando i motivi della contestazione della relazione del consulente. Da quel momento può iniziare l’iter con le udienze, e la presentazione delle consulenze di parte. Il giudizio si chiuderà con una sentenza inappellabile.
Il ricorrente è comunque tenuto ad appoggiarsi ad un legale che lo assista e sia presente nella prima udienza ed è inoltre a suo carico l’anticipazione delle spese per la consulenza tecnica.
È possibile presentare ricorso contro il verbale di invalidità senza farsi assistere da un avvocato?
No, la procedura di ricorso richiede la presenza di un avvocato.
Quali sono i benefici economici?
Il riconoscimento dell’invalidità civile porta al riconoscimento di una serie di benefici in capo all’invalido. L’entità e la tipologia dei benefici spettanti dipendono dalla gravità dell’invalidità e da altre specifiche condizioni.
I benefici economici riconosciuti decorrono dal mese successivo alla data di presentazione della domanda di accertamento sanitario all’ASL. La Commissione può indicare, in via eccezionale e in base alla documentazione clinica visionata, una data successiva diversa.
In sintesi, i benefici possono essere:
la pensione di inabilità; l’assegno mensile; l’indennità di accompagnamento; l’indennità accompagnamento ai minori;
l’indennità mensile di frequenza.
Se uno dei componenti il mio nucleo familiare risulta titolare di un immobile posto nel Comune di residenza, sono escluso dall’inserimento in graduatoria per l’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica?
Di regola si. Esiste però il caso contemplato nel comma 2 dell’art. 5 della L.R.T. n. 96/96 che individua come facente parte del nucleo familiare "la famiglia costituita dai coniugi e dai figli legittimi, naturali, riconosciuti e adottivi e degli affiliati con loro conviventi. Fanno altresì parte del nucleo il convivente more uxorio, gli ascendenti, i discendenti, i collaterali fino al terzo grado, purchè la stabile convivenza con il richiedente abbia avuto inizio due anni prima della data di pubblicazione del bando di concorso e sia dimostrata nelle forme di legge". Nel caso di partecipazione al bando ERP quindi è determinante la data di inizio della stabile convivenza che non deve essere superiore ai due anni dalla data di pubblicazione del bando.
Vivo a Firenze, e sono in temporanea grave e urgente difficoltà abitativa, a chi posso rivolgermi?
Se si vive a Firenze e ci si trova in un provvisorio stato di grave emergenza abitativa, sul sito del Comune si trovano informazioni relative al Progetto Abitare Solidale. Il progetto consiste nell’attivazione di coabitazioni strutturate sul principio del mutuo aiuto attraverso la condivisione consapevole di uno stesso spazio abitativo.
Durante un incontro con un referente vengono individuate le caratteristiche e le esigenze dell’ospitante e dell’ospitato, utili per valutare eventuali affinità tra i candidati, a cui seguono incontri di conoscenza, sino all’elaborazione di un patto di reciproca solidarietà, il Patto Abitativo, tra le parti, che vincola i coabitanti al vicendevole rispetto delle esigenze di vita e a un mutuo scambio di servizi ed aiuto, e che sancisce l’effettivo avvio della coabitazione. Dopo un periodo di ulteriore “prova” di circa 30 giorni, la coabitazione viene ufficializzata con la sottoscrizione di un apposito comodato. Il buon andamento del rapporto è costantemente monitorato.
Sono inserito nella graduatoria per l’assegnazione delle case ERP. Ho chiesto all’assistente sociale di essere inserito anche nella graduatoria sociale, ma si rifiuta di farlo. Agisce in modo corretto?
Si, infatti la “Graduatoria Sociale” istituita ai sensi della Del. C.C. 1026/135 dell’11/09/2000 è gestita dalla Direzione Servizi Sociali attraverso un’apposita Commissione; l’inserimento in tale graduatoria non è richiesto dal cittadino, è proposto dal SIAST (Servizio Sociale Territoriale) del Comune di Firenze che ha in carico il nucleo familiare ed è successivo ad una valutazione tecnico-professionale complessiva che non tiene conto soltanto del disagio abitativo ma anche di tutti gli altri aspetti socio-economici della famiglia.
Sono diventato moroso nel pagamento del canone di affitto di un alloggio ERP, Verrò sfrattato?
L’art. 30 della L.R. 96/96 prevede che la morosità superiore a due mesi nel pagamento del canone di locazione e delle quote accessorie per i servizi è causa di risoluzione del contratto, con conseguente decadenza dall’assegnazione. Tuttavia il comma 4 del medesimo articolo stabilisce che non è causa di risoluzione del contratto la morosità dovuta ad uno stato di disoccupazione, o a grave malattia di un componente il nucleo familiare, qualora ne siano derivate l’impossibilità o la grave difficoltà, accertate dall’Ente Gestore, di effettuare il regolare pagamento del canone di locazione. Quindi, se si può dimostrare che lo stato di morosità è intervenuto successivamente al licenziamento o ad uno stato di grave malattia di uno dei componenti il nucleo familiare, non verranno attivate le procedure di sfratto.
Ho assunto regolarmente una badante per prestare assistenza a mia madre invalida. Abitiamo in una casa di edilizia residenziale pubblica. Posso ospitarla ? Avrò maggiorazioni sul canone di affitto?
Tale situazione, ormai diffusa tra le famiglie italiane, è stata prevista nell’art. 18 bis della nuova Legge Regionale 31marzo 2015, n. 41 Modifiche alla legge regionale 20 dicembre 1996, n. 96 (Disciplina per l’assegnazione, gestione, e determinazione del canone di locazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica) che stabilisce:
1. E' ammessa, previa richiesta motivata dell'assegnatario al competente soggetto gestore e conseguente autorizzazione del medesimo, l'ospitalità temporanea di terze persone per un periodo non superiore a due anni. Qualora l'ospitalità si protragga oltre due anni l'assegnatario è tenuto a corrispondere un'indennità aggiuntiva mensile pari al venticinque per cento del canone di locazione in essere.
2. E' ammessa altresì, previa motivata e documentata comunicazione dell'assegnatario al soggetto gestore, la coabitazione di terze persone che prestano attività lavorativa di assistenza a componenti del nucleo familiare, legate allo stesso esclusivamente da rapporti di lavoro o di impiego, senza limiti temporali. In tal caso non si applica l'indennità aggiuntiva di cui al comma 1.
3. L'ospitalità temporanea e la coabitazione non comportano inserimento ad alcun titolo nel nucleo familiare e pertanto non producono effetti ai fini del cambio dell'alloggio, della determinazione del reddito e del canone del nucleo familiare stesso. ”.
Sono in graduatoria per l’assegnazione di una casa Erp: posso averne una da ristrutturare, impegnandomi a farlo personalmente?
Si, in quanto sempre la nuova L.R. 41/15 ha inserito l’art. 16 bis che stabilisce:“ Art. 16 bis - Assegnazione degli alloggi da ripristinare:
1. Al fine di ridurre i tempi di inoccupazione degli alloggi di risulta e rispondere ai bisogni dei beneficiari in attesa di assegnazione, i comuni, d’ufficio o su richiesta degli interessati secondo l’ordine di graduatoria, possono destinare ai fini della presente legge alloggi non ripristinati, previa definizione di criteri e modalità tecnico-operative per l'attuazione diretta, da parte degli assegnatari, di opere di integrazione e riqualificazione di ordinaria manutenzione dei suddetti alloggi. Tale disposizione si applica altresì su richiesta degli interessati in corso di locazione.
2. Le attività di cui al comma 1 sono regolamentate uniformemente negli ambiti territoriali di riferimento, sulla base di specifiche convenzioni stipulate tra l’ente gestore e l'assegnatario, che definiscono la tipologia dei lavori da eseguire nonché le relative spese, nel rispetto delle norme tecniche applicabili all'ERP, nonché delle norme che disciplinano la sicurezza e la corretta esecuzione dei lavori, debitamente certificate.
3. Nella convenzione di cui al comma 2 viene altresì stabilito l'eventuale anticipo delle spese per i lavori da parte dell'assegnata
Ho chiesto una prestazione sanitaria, ma il CUP mi ha detto che ci vorrà molto tempo. Ho diritto ad eseguirla privatamente e farmi rimborsare la spesa dalla ASL?
Ho chiesto una prestazione sanitaria, ma il CUP mi ha detto che ci vorrà molto tempo. Ho diritto ad eseguirla privatamente e farmi rimborsare la spesa dalla ASL?
È una delle leggende metropolitane più diffuse. Non esiste un simile diritto che si può configurare solo se la persona vincesse una causa civile e ottenesse dal giudice il diritto ad un risarcimento per danno da ritardo con importo pari o superiore a quanto speso per eseguire privatamente l’esame, ma si deve dimostrare che effettivamente i tempi di attesa erano superiori ed è difficile farlo a fronte di una risposta telefonica.
Tuttavia va tenuto presente che la normativa prevede tutt’ora il diritto a ricevere un bonum pari al costo del ticket limitatamente ad un certo numero di esami o visite specialistiche che devono essere garantiti entro un termine certo. Va tenuto presente che il bonum non è concesso automaticamente, ma su richiesta dell’utente e che purtroppo i CUP non informano l’utente di questo diritto.
A prescindere dall’esistenza della possibilità di avere rimborsi, sempre più il problema alla cui soluzione punta anche il Difensore civico è che gli esami diagnostici siano eseguiti in tempi congrui rispetto alle prestazioni, sulla base di codici di priorità definiti dai sanitari che li prescrivono.
È bene sapere che:
1. Il medico può evidenziare un codice di priorità del quale il CUP deve tenere conto quando eroga la prenotazione possono entrare nel merito dei tempi di attesa entro i quali va erogato un esame;
2. La normativa vigente vieta tassativamente di “chiudere” le liste d’attesa. Laddove il CUP risponda che l’esame non è prenotabile perché “non hanno le agende” il problema è da segnalare al Difensore civico e/o all’URP dell’Azienda Sanitaria o Ospedaliera coinvolta;
3. La delibera della Regione Toscana 1038/2005 impone agli specialisti pubblici di prescrivere su ricettario regionale esami ed accertamenti necessari per la diagnosi e impone loro di accertarsi che i tempi di attesa offerti dal sistema siano congrui con quelli necessari per la cura e la diagnosi della patologia in esame. Quindi uno specialista che prescrive un esame dovrebbe farsi carico anche se non si tratta di un esame facilmente prenotabile di farlo prenotare dalla propria struttura di riferimento in modo che i tempi siano congrui con quanto necessario per la diagnosi o la prosecuzione delle cura.
Dovevo fare un’operazione, mi hanno visitato e mi hanno detto di fare l’operazioni in libera professione, per risparmiare tempo.
L’operazione in libera professione è consentita solo per potere scegliere il professionista che farà l’intervento. La normativa vigente vieta di prevedere tempi d’attesa in libera professione inferiori rispetto a quelli offerti in regime di servizio pubblico. Segnalate qualsiasi indicazione contraria al Difensore civico o all’URP della ASL e/o dell’Azienda Ospedaliera coinvolta.
Credo di essere stato vittima di un errore medico? Posso rivolgermi al Difensore civico?
Grazie alle previsioni della L.R. 19/2009 e ad un’esperienza ormai ventennale il Difensore civico della Toscana ha la possibilità di approfondire anche questo tipo di segnalazioni.
Dal 2010 inoltre le Aziende Sanitarie ed Ospedaliere della Toscana non sono più assicurate e gestiscono direttamente le richieste di risarcimento dei danni. Ai sensi della Delibera della Regione 1234/2011 del 27 dicembre 2011 ha inoltre sancito che l’Ufficio del Difensore Civico faciliti e promuova “l’incontro tra le parti” anche nella fase di gestione diretta del contenzioso.
La legge inoltre fornisce al Difensore civico competenza anche nei rapporti con le Strutture private.
Il Difensore civico a fronte di un reclamo in cui l’utente ritiene di essere stato vittima di un errore chiede chiarimenti alla Struttura Coinvolta, acquisisce la documentazione clinica e sottopone il caso alla valutazione di consulenti medico legali pubblici appartenenti ad Azienda Sanitaria o Ospedaliera diversa da quella coinvolta per fornire all’utente un’indicazione medico legale terza, basata solo sui riscontri documentali (la persona non è sottoposta a visita, si valutano solo i documenti). A seguito degli sviluppi con la L. 1234/2011 il Difensore civico può gestire anche la fase successiva aiutando l’utente a redigere la domanda di risarcimento e accompagnandolo (sempre mantenendo il suo ruolo terzo) per favorire l’accordo fra le parti.
Il Difensore civico in questi casi ha un ruolo di riesame anche quando l’utente presenta la propria protesta direttamente all’Azienda se non è soddisfatto della proposta ricevuta. In questo caso l’intervento del Difensore civico è subordinato alla fine dell’istruttoria da parte dell’Azienda che deve concludersi in teoria entro sessanta giorni (90 se vi sono particolari complicazioni delle quali l’Azienda deve informare l’utente).
Il Difensore civico può sollecitare al rispetto dei termini.
L’azione del Difensore civico in questo settore non si limita a fornire una risposta all’utente sul suo caso concreto, ma si cerca di svolgere un’opera di monitoraggio più ampia su aspetti organizzativi generali, anche segnalando il caso alle Strutture della Regione Toscana che seguono particolari problematiche a seconda dei casi (Centro Regionale Rischio Clinico, Istituto Toscano Tumori etc.)
Le procedure risarcitorie di cui alla D.G.R.T. 1234/2011 devono concludersi entro un anno dalla richiesta.
In questo particolare settore va ricordato che:
1. Il diritto a chiedere il risarcimento si prescrive in dieci anni, per cui queste pratiche non hanno un particolare regime di urgenza, rispetto ad altre con scadenze o con esigenze di ottenere cure e prestazioni rapidamente.
2. Le valutazioni medico legali sono “terze” anche per il Difensore civico, che non ha modo di sindacarle anche se non sono soddisfacenti per l’utente.
3. I tempi di esame dei casi a volte possono essere lunghi, perché è necessario studiare il caso, mirare la richiesta di chiarimenti e poi trasmettere tutto ai medici legali.
Danni da vaccino, trasfusione emoderivati. Anni or sono ho subito una trasfusione e ho scoperto di avere l’HIV (AIDS), l’HCV (epatite C) o l’HBV (epatite B). Ho diritto al risarcimento dei danni dallo Stato?
Nel 1992 è stata adottata una legge (la Legge 210/1992) che stabilisce il diritto all’indennizzo per tutti i soggetti danneggiati da vaccino, trasfusione o somministrazione di emoderivati. Per riferimenti ulteriori si rinvia al sito del Ministero della Salute http://www.salute.gov.it/portale/ministro/p4_8_0.jsp?lingua=italiano&label=servizionline&idMat=ASS&idAmb=IND&idSrv=L210&flag=P In sintesi la procedura prevede che si faccia domanda alla ASL di residenza (a prescindere dal luogo ove c’è stato il probabile contagio) che verifica la correttezza della documentazione e trasmette alla Commissione Medica Ospedaliera (strutture sul territorio afferenti al Ministero della Difesa) competente per territorio (per la Toscana: La Spezia e Roma a seconda della residenza dell’utente)
La legge purtroppo prevede che la richiesta di indennizzo avvenga entro tre anni dalla presa coscienza qualificata della patologia. Questo è il motivo per il quale molte persone, che non sapevano di questa possibilità sono rimaste escluse. Il Difensore civico ha anche in passato censurato questo limite e si consiglia comunque di provare a fare la domanda, che è presupposto per eventuali successive azioni legali.
La legge concede un indennizzo, a tutti coloro che sono stati trasfusi, se non è possibile provare che oggi i donatori sono indenni dalla patologia contratta. C’è un’inversione dell’onere della prova perché basta provare che si è stati trasfusi e che non sia possibile provare che il donatore è sano.
È possibile chiedere l’indennizzo “una tantum” anche in quei casi in cui la persona contagiata sia deceduta per una causa legata alla malattia, anche se in vita non aveva avuto mai il riconoscimento. Il termine per questa richiesta è dieci anni.
Anche gli operatori sanitari possono richiedere l’indennizzo se hanno contratto la malattia a causa del loro lavoro. Anche in questo caso non c’è termine.
Ad oggi la normativa non esclude la possibilità di chiedere il risarcimento del danno. La giurisprudenza ha sancito che siamo nell’ambito della responsabilità extracontrattuale e questa azione si prescrive entro cinque anni dal momento in cui c’è la presa coscienza del danno ed in teoria sarebbe necessario provare che è stata proprio la trasfusione a causarlo, anche se i giudici spesso danno per scontata l’esigenza del nesso causale se è stato riconosciuto l’indennizzo. Va tenuto presente che la giurisprudenza più recente sembra fare risalire il termine per proporre azione giurisdizionale al momento della presa coscienza del danno e non al momento in cui lo Stato riconosce il nesso di causalità.
A livello nazionale va ricordato che questa legge era inizialmente gestita direttamente dal Ministero che poi ha delegato le Regioni. Non tutte le Regioni però hanno accettato la delega del Ministero in particolare le Regioni a statuto speciale non lo hanno fatto. In Toscana la Regione ha accettato la delega e delegato le ASL a gestire le procedure. La delega vale dal momento in cui è stata data, le pratiche iniziate dal Ministero continuano ad essere gestite dal Ministero.
Qual è la procedura?
Qual è la procedura?
In sintesi la procedura prevede che si faccia domanda alla ASL di residenza (a prescindere dal luogo ove c’è stato il probabile contagio) che verifica la correttezza della documentazione e trasmette alla Commissione Medica Ospedaliera (strutture sul territorio afferenti al Ministero della Difesa) competente per territorio (per la Toscana: La Spezia e Roma a seconda della residenza dell’utente). La persona interessata viene chiamata a vista e viene redatto un verbale che la ASL trasmette all’interessato.
Se il verbale riconosce che la patologia è legata alla trasfusione, vaccino emoderivato, che la domanda è stata proposta nei termini e che l’invalidità è ascrivibile alla categoria tabella A, allegata al D.P.R. 30 dicembre 1981, n.° 381, la persona inizia a percepire l’indennizzo dal momento della domanda.
Se il verbale non riconosce qualcuno di questi elementi è possibile proporre:
• Ricorso amministrativo entro un mese dal ricevimento del verbale
• Ricorso giurisdizionale entro un anno
Se il verbale non riconosce l’ascrivibilità tabellare è possibile non impugnarlo, e proporre “domanda di aggravamento” in caso di aggravamento. In questo caso però l’indennizzo decorrerà dal momento della seconda domanda.
Se anche il ricorso amministrativo ha esito negativo è possibile proporre un ricorso giurisdizionale entro un anno dal ricevimento del diniego.
L’indennizzo è soggetto ad aumento ISTAT?
Dopo varie vicende giurisprudenziali, l’adozione di una legge che escludeva l’applicabilità dell’adeguamento Istat[1] all’indennizzo la Corte Costituzionale si è pronunciata con sentenza 293/2011 dichiarando l’illegittimità costituzionale. Al momento l’adeguamento ISTAT è stato erogato a partire dal 2012 a molti utenti, per il passato si assiste ad una disparità di trattamento fra i casi gestiti dal Ministrero e quelli gestiti dalle Regioni, dal momento che lo Stato non ha previsto i finanziamenti alle Regioni.
Come può assistermi il Difensore civico in questa procedura?
Il Difensore civico può intervenire in varie fasi della procedura. Il Difensore civico della Regione Toscana ha sviluppato una specifica competenza ed è divenuto punto di riferimento a livello Nazionale.
1. Possiamo aiutare la persona a trovare cartelle cliniche, ricerca non facile se l’ospedale è chiuso o se era una struttura privata che ha chiuso;
2. Aiutiamo le persone a compilare le domande, adattando lo schema generale predisposto a livello nazionale al caso specifico;
3. Aiutiamo le persone a presentare ricorso amministrativo.
NON POSSIAMO ASSISTERE GLI UTENTI NELLA FASE DEL RICORSO GIURISDIZIONALE.
Inoltre in questo settore l’assistenza del Difensore civico si limita ad aiutare le persone a compilare domande, redigere ricorsi e cercare documenti. È necessario che l’interessato proceda direttamente a spedire o a consegnare la domanda o il ricorso.
Ho inviato un ricorso al Ministero da tempo ma non ho risposta. Cosa succede?
La Legge 210/’92 prevede che entro un anno dalla comunicazione della decisione sul ricorso, o, in difetto, dalla scadenza del termine previsto per la comunicazione” (un anno più 3 mesi più 30 giorni a decorrere dalla data di presentazione del primo ricorso) può “esperire l’azione legale dinanzi al giudice ordinario competente” (art.5, comma 3, Legge n. 210/92). Il termine che il Ministero ha per esaminare il ricorso (inizialmente tre mesi) è stato aumentato da disposizioni normative successive.
Poiché ai sensi della Legge sul procedimento amministrativo (L. 241 del 1990) c’è l’obbligo di concludere il procedimento amministrativo con un provvedimento espresso se il Ministero ha chiesto alla Azienda Sanitaria la trasmissione del fascicolo (per accertarlo se la ASL non ha trasmesso la lettera anche all’interessato basta fare richiesta all’Ufficio ASL competente), non si ha il rischio che il ricorso sia stato archiviato tramite silenzio – rifiuto. Comunque sul sito del Ministero vi sono i recapiti telefonici per chiedere notizie della propria pratica.
[1] D.L. 10 maggio 2010, n. 78 convertito in L. 122/2010 art. 11.13.
Attivazioni/variazioni contrattuali all’insaputa dell’utente, anomalie nel traffico telefonico, interruzione del servizio sono alcuni dei disservizi telefonici più frequenti. Così come la difficoltà di ricezione dei canali Rai in alcune zone nelle telecomunicazioni.
Il Difensore civico consente a tutti i cittadini toscani, indipendentemente dal luogo di residenza, di accedere alla procedura di conciliazione tramite delega a essere rappresentati da un funzionario dell’ufficio.
Ho ricevuto un avviso bonario per recupero tasse auto dalla Regione Toscana, ma lo contesto, che devo fare?
Deve essere presentata un’istanza di riesame all’ufficio provinciale ACI ovvero alla delegazione ACI competente territorialmente in base alla residenza, seguendo le istruzioni impartite nell’avviso. In seguito all’esito del riesame è possibile rivolgersi al Difensore civico regionale, il quale, pur non avendo poteri impositivi, ha facoltà di promuovere, qualora ne ricorrano gli estremi, richieste di chiarimenti o di documenti e proporre l’attivazione delle conseguenti procedure di autotutela.
Quando devo pagare il bollo?
La scadenza del pagamento del bollo auto è subordinata alla prima immatricolazione del veicolo. Se viene immatricolato dal 1 gennaio al 30 aprile, il primo bollo si pagherà dal mese di immatricolazione fino al 31 dicembre. Dall’anno successivo il termine di pagamento sarà il 31 gennaio con validità 12 mesi. Se viene immatricolato dal 1 maggio al 31 agosto, il primo bollo si pagherà nel mese di immatricolazione fino al 30 aprile dell’anno successivo. Successivamente il termine di pagamento sarà il 31 maggio con validità 12 mesi fino al 30 aprile dell’anno successivo. Se viene immatricolato entro dal 1 settembre al 31 dicembre, il primo bollo si pagherà nel mese di immatricolazione fino al 31 agosto dell’anno successivo. Successivamente il termine di pagamento sarà il 30 settembre con validità 12 mesi fino al 31 agosto dell’anno successivo.
Se rottamo la macchina, devo pagare lo stesso il bollo?
Per non pagare il bollo è necessario che la rottamazione avvenga entro la data di scadenza del pagamento del tributo per il periodo tributario in essere, altrimenti è necessario pagare il bollo per l’intera annualità. In sostanza, non bisogna far cominciare il nuovo periodo tributario e, se comincia, provvedere alla rottamazione entro il termine di pagamento.
Sono invalido civile, ho diritto all’esenzione per il bollo auto?
L’invalidità civile è condizione, di per sé, non sufficiente per ottenere l’esenzione dal pagamento del tributo. A tal fine, è necessario infatti rientrare in una delle casistiche tassative previste dalla L.R. 49/03 e precisamente:
a) soggetti con ridotte o impedite capacità motorie permanenti, limitatamente ai veicoli adattati in funzione della disabilità motoria. Gli adattamenti al veicolo, sia quelli per la guida, sia quelli per il trasporto di soggetti disabili, devono risultare dalla carta di circolazione. Gli adattamenti per la guida sono prescritti in sede di visita da parte delle commissioni mediche locali di cui all'articolo 119, comma 4, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) e annotati sulla patente speciale di guida. Vengono equiparati a veicoli adattati alla guida anche quelli dotati di sola frizione automatica o cambio automatico, purché prescritti dalle citate commissioni mediche;
b) soggetti portatori di handicap in situazione di gravità, come definita dall’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) o invalidi gravi, affetti da una patologia o da pluriamputazioni che comportano la grave limitazione della capacità di deambulazione;
c) soggetti affetti da cecità assoluta o parziale e soggetti ipovedenti gravi, come individuati ai sensi degli articoli 2, 3 e 4 della legge 3 aprile 2001, n. 138 (Classificazione e quantificazione delle minorazioni visive e norme in materia di accertamenti oculistici);
d) soggetti sordi come definiti articolo 1, comma 2, dalla legge 26 maggio 1970, n. 381 (Aumento del contributo ordinario dello Stato a favore dell'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza ai sordomuti e delle misure dell'assegno di assistenza ai sordomuti);
e) soggetti con handicap psichico o mentale di gravità tale da aver determinato il riconoscimento della indennità di accompagnamento.
Il diritto all'esenzione spetta quando la situazione di disabilità è riconosciuta in modo permanente, senza previsione di revisione, ad eccezione dell’ipotesi in cui il disabile sia un minorenne.
Sono invalido civile e rientro nelle casistiche indicate dalla L.R. 49/03, mi spetta automaticamente l’esenzione per il bollo auto?
No, è necessario che il proprietario del veicolo presenti apposita istanza di esenzione, rivolgendosi ad un Ufficio ACI.
Ho l’esenzione e cambio macchina, ho qualche obbligo?
Si. Il beneficiario dell’esenzione deve chiedere il trasferimento dell'agevolazione su altro veicolo di sua proprietà, sia esso nuovo o usato, presentando istanza presso un Ufficio ACI.
Ho ricevuto un avviso di accertamento per la Tari dal Comune e lo voglio motivatamente contestare, che devo fare?
Avverso l’avviso di accertamento è necessario esperire ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale entro il termine perentorio di 60 giorni dal ricevimento dell’avviso. E’ possibile anche presentare al Comune un’istanza di annullamento o rettifica dell’avviso stesso, ma il Comune non è obbligato a rispondere ed il termine per il ricorso non viene interrotto o sospeso. A seguito di un’eventuale segnalazione del cittadino, il Difensore civico, pur non avendo poteri impositivi, ha facoltà di rivolgere all’Ufficio comunale competente richieste di chiarimenti circa la questione proposta. La segnalazione al Difensore civico e l’intervento dello stesso non interrompono e non sospendono il termine per il ricorso.
Ho pagato erroneamente due volte la rata della Tari, ho presentato al Comune l’istanza di rimborso, ma non ho saputo più nulla nonostante i numerosi solleciti, potete aiutarmi?
Il Difensore civico può rivolgersi all’Ufficio comunale competente per chiedere notizie sullo stato della procedura ed eventualmente sollecitare la pratica di rimborso.
Ho inviato numerose istanze al Comune relative all’applicazione del tributo per la gestione dei rifiuti, ma non ho mai ricevuto risposta, potete aiutarmi?
Il Difensore civico può rivolgersi all’Ufficio comunale competente per sollecitare il riscontro al cittadino e per acquisire le opportune informazioni ed i chiarimenti circa la questione proposta.
Ho rilevato un errore nel bollettino di pagamento Tari inviato dal Comune, cosa devo fare per ottenere una revisione dell’importo?
I bollettini inviati dal Comune sono compilati sulla base dei dati conosciuti dall’Ente. Se il contribuente si accorge di errori contenuti nel modulo, deve segnalarli per iscritto al Comune stesso.
Io non produco rifiuti perché per esempio: vivo spesso dai miei genitori, sono in viaggio per lavoro, non uso la casa, ecc., quindi non dovrei pagare la Tari?
La mancata utilizzazione del servizio di gestione dei rifiuti da parte dell’utente non comporta l’esonero del tributo. E’ però possibile che alcune delle fattispecie sopra elencate comportino una riduzione della Tari se così stabilito dal regolamento comunale.
Siamo due coniugi che, pur non legalmente separati, abbiamo la residenza in abitazioni diverse per motivi logistici. Il Comune non ci concede l’agevolazione lmu per abitazione principale. E’ corretto?
Per abitazione principale si intende l’unità immobiliare nella quale “il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente”, come indicato dal comma 2, art.13, d.l. 201/2011, modificato dal d.l. 16/2012. La norma specifica inoltre che “le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile”, anche nel caso in cui i componenti del nucleo abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio dello stesso Comune.
Sono proprietario di due immobili contigui, che costituiscono la mia abitazione principale, posso usufruire per entrambi della relativa agevolazione ai fini fiscali?
Come precisato dalla circolare n. 3/DF del 2012 del Ministero delle finanze, l’abitazione principale deve essere costituita da una sola unità immobiliare iscritta o iscrivibile in catasto a prescindere dalla circostanza che sia utilizzata come abitazione principale più di una unità immobiliare distintamente iscritta in catasto. E’ comunque possibile attivare la procedura di fusione catastale o fiscale delle due unità immobiliari.
Il Comune mi chiede il pagamento del canone Cosap per un passo carraio che io non ho chiesto e di cui anzi ignoravo l’esistenza, perché devo pagare?
Il fatto che nessuna opera di modifica del demanio stradale sia stata realizzata dall’utente destinatario del canone Cosap non costituisce di per sé un’esimente dal pagamento del medesimo. Il canone può essere dovuto per opere realizzate sul demanio stradale non dall’attuale proprietario ma da quello precedente, in epoca nella quale l’accesso non veniva tassato. Quindi il canone Cosap può essere dovuto anche in assenza di occupazione del demanio stradale, qualora l’accesso comporti comunque l’interruzione della continuità dei marciapiedi, piste ciclabili, siepi o altre opere pubbliche.
Quali sono le principali categorie di intervento edilizio?
Nuova costruzione, ristrutturazione urbanistica, sostituzione edilizia, ristrutturazione edilizia, restauro e risanamento conservativo, manutenzione ordinaria.
La individuazione degli interventi riferibili alle categorie così definite è contenuta nell’art. 3 del D.P.R. 380/2001.
Quali sono i regimi di intervento edilizio?
A seconda del tipo di opera, la legge (D.P.R. 380/2001 e la L.R. 65/2014) individua i seguenti regimi di intervento edilizio: Permesso di costruire;Segnalazione certificata di inizio attività alternativa al permesso di costruire;Segnalazione certificata di inizio attività;Attività di edilizia libera;Comunicazione inizio attività asseverata.
In quali casi non è necessario acquisire un titolo abilitativo?
Nei casi individuati dalla legge (art.6 del DPR 380/2001 e art.136 della L.R. 65/2014), per i quali non è prevista alcuna procedura e non occorre acquisire alcun titolo abilitativo, ad esempio, interventi di manutenzione ordinaria, interventi volti all’eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di ascensori esterni, oppure di manufatti che alterino la sagoma dell’edificio.
Quali sono le opere soggette a permesso di costruire?
Sono le opere di trasformazione urbanistica ed edilizia che hanno la capacità trasformare il territorio incidendo in maniera significativa e permanente su di esso. L’elenco degli interventi soggetti a permesso di costruire è contenuto nell’art.134 della L.R. 65/2014. Il permesso di costruire può essere presentato in alternativa alla SCIA nei casi previsti dall’art. 135 comma 5 della L.R. 65/2014. Previa verifica dei presupposti di legge, l’Amministrazione comunale competente rilascia il provvedimento abilitativo necessario al cittadino che intende eseguire siffatti interventi.
Quali sono i termini di inizio e di fine degli interventi che sono oggetto di permesso di costruire?
La disciplina è contenuta nell’art. 133 comma 3 della L.R. 65/2014. Il permesso di costruire indica i termini di inizio e di ultimazione dei lavori. Il termine per l'inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dalla data di rilascio del permesso di costruire. Il termine per la fine dei lavori non può essere superiore a tre anni dall'inizio dei lavori (fatta salva la possibilità di proroga con provvedimento motivato da parte dell’amministrazione). In casi particolari (caratteristiche o complessità dell’intervento, opere pubbliche finanziate in più esercizi) il termine può essere superiore.
Cosa fare se scade il termine fissato dalla legge per la conclusione dei lavori?
Occorre richiedere un nuovo titolo abilitativo per la parte dell’intervento non ancora realizzata
Cosa accade se, dopo il rilascio del permesso di costruire ma prima dell’inizio dei lavori, entrano in vigore nuove previsioni urbanistiche?
Se vi è contrasto con la nuova disciplina il permesso di costruire decade. Se i lavori sono già iniziati devono essere completati entro il termini fissato dalla legge (tre anni).
Perché sono dovuti gli oneri di urbanizzazione?
L’intervento edilizio incide sul carico insediativo e urbanistico del territorio circostante e chi effettua l’intervento deve dunque contribuire alla trasformazione urbanistica del territorio.
A chi spetta certificare l’abitabilità e agibilità e con quali procedure?
La certificazione di abitabilità o agibilità viene effettuata da professionisti abilitati con le procedure previste dalla L.R. 65/2014. Tale certificazione è sempre necessaria per le nuove costruzioni e nei casi indicati dall'art. 149 della L.R. 65/2014.